Prima dell’attuale teatro, una struttura stabile destinata agli spettacoli fu il teatro fatto erigere al piano terra dell’ex Palazzo Ducale dall’Accademia dei Nobili Signori Pascolini, che fu attivo per più di due secoli (1637-1881). Gli accademici, sentita l’esigenza di un teatro più ampio e funzionale, promossero la costruzione del Teatro Sanzio fin dal 1829, per la cui edificazione fu scelta l’area sovrastante il torrione quattrocentesco in cui è racchiusa la rampa elicoidale di Francesco di Giorgio Martini, modificando sensibilmente con la sua mole la veduta del Palazzo Ducale. Per il progetto si accese una competizione tra il celebre architetto veneziano Giambattista Meduna, autore di teatri importanti come La Fenice di Venezia e il Dante Alighieri di Ravenna, e Vincenzo Ghinelli di Senigallia. Quest’ultimo fu preferito, oltre che per ragioni economiche, soprattutto per aver concepito il nuovo edificio inserito in un rinnovato contesto urbanistico dell’area circostante, che comprendeva il portico della Via Nuova Provinciale (il futuro Corso Garibaldi), l’esedra di fronte alla facciata del teatro in modo da agevolare il giro delle carrozze e la sistemazione a giardino del Pincio.
I lavori, iniziati nel 1846, rallentati nel 1848 e 1849 dalla prima guerra di indipendenza, si protrassero fino al 1853, anno in cui, il 20 agosto il teatro venne inaugurato con due opere verdiane, Viscardello (primo titolo del Rigoletto), a cui, nelle serate successive fino al 21 settembre si alternò Il trovatore. Il primo allestimento della scena è opera del rinomato scenografo faentino Romolo Liverani (1852).
La facciata, tutta a mattoni tagliati e sagomati in maniera da creare sobrie cornici, fasce marcapiano e, nella parte centrale, sei semicolonne doriche con sovrastante trabeazione e un secondo piano adorno di due sfingi in pietra, è creazione tipica del tardo neoclassicismo ottocentesco.
Nell’atrio sono collocati i busti di Raffaello, opera di Carlo Finelli (1853), e di Donato Bramante, del giovane Giambattista Pericoli (1854). La sala, come appare oggi, è a tre ordini di palchi e loggione, per una capienza di 460 spettatori, stimati 1000 nel secolo XIX.
Le decorazioni pittoriche furono eseguite da due artisti in momenti diversi: nel 1850 il pittore eugubino Raffaello Antonioli esegue nella volta le Muse entro otto sezioni incorniciate da ornamentazioni a grottesche, uomini illustri nei tondi monocromi, Apollo e i musicisti Rossini e Bellini nella volta della bocca d’opera (1850); nel 1897, Diomede Catalucci rinnova e completa tutto l’apparato decorativo, rispettando la precedente opera dell’Antonioli, e dipinge figure allegoriche e grottesche nelle quattro paraste ai lati del proscenio.
Le decorazioni originali a fascia dei parapetti dei palchi sono andate perdute durante l’ultimo restauro, portato a termine nel 1982 dall’architetto Giancarlo De Carlo; rimangono solo i diciannove tondi con le effigi di personaggi illustri, tra cui Raffaello, all’epoca disposti ciascuno sul parapetto dei palchi del secondo ordine, attualmente collocati nella balaustra del primo piano dell’atrio.
Sul palcoscenico del Teatro Sanzio si sono avvicendati personaggi celebri della prosa – Laura Bon (1857), Eleonora Duse (1876) – e della lirica: Anna Barbieri Thiolier, che ha cantato nella serata inaugurale; Francesco Daddi, comprimario di Enrico Caruso (1892), Oreste Mieli (1892); la Compagnia di Operette Romanesche di Pippo Tamburri (1894); Maria Farneti (1899); Maria Viscardi (1910); Enrico Trentini (1913) e molti altri, oggi dimenticati. Nel 1899 il maestro Pietro Mascagni ha diretto un concerto vocale e strumentale di beneficenza; nel 1943 Renata Tebaldi ha cantato sotto la direzione di Riccardo Zandonai. Dal dopo guerra il teatro, adattato ad uso abitativo, resta chiuso al pubblico fino alla riapertura nel 1982.